home Abbigliamento, Moda Lusso sostenibile: arriva l’alternativa eco alla lana ed al cachemire

Lusso sostenibile: arriva l’alternativa eco alla lana ed al cachemire

E’ il pelo di yak, alternativa eco per eccellenza a lana e cachemire. Lo yak, il cosiddetto “bue tibetano”, è un mammifero di grandi dimensioni che vive in Tibet e Mongolia. E’ rivestito da una folta pelliccia marrone che l’animale perde naturalmente con l’arrivo della primavera. La caduta spontanea del pelo di yak permette di ottenere un tessuto molto pregiato simile al cachemire che però non ha bisogno di tinture artificiali, grazie alle sue meravigliose tonalità naturali.

Il pelo di yak si configura quindi come un ottimo sostituto della lana, dato che presenta le stesse caratteristiche termiche di quest’ultima. Forse non molti sanno che la cui lavorazione sottopone le pecore da lana a pratiche spesso poco etiche nel contesto degli allevamenti intensivi. Come sappiamo anche l’estrazione del pelo implica una sofferenza: soprattutto per gli allevamenti che utilizzano la tecnica del mulesing (praticata soprattutto in Australia) la quale consiste nello scuoiamento di animali vivi nella zona anale e perianale per evitare che le mosche depositino le loro larve nella lana o che quest’ultima venga sporcata dagli escrementi della pecora.

Lo yak, invece, in Tibet è considerato un animale sacro e perciò viene lasciato libero nel proprio habitat naturale per tutta la durata della propria esistenza. Grazie alla spontanea caduta del pelo possiamo comunque ottenere un pregiatissimo tessuto molto simile al cachemire che già molte realtà del comparto tessile hanno iniziato ad introdurre nelle proprie collezioni.

Sono molti i marchi che hanno iniziato ad utilizzare questa pregiata fibra ecologica: tra questi Myak, di Paola Vanzo e della sua socia veterinaria, che grazie ad una collaborazione professionale con i nomadi tibetani (retribuiti equamente in base alla quantità di fibra che forniscono) sono riuscite ad ottenere capi eleganti, pregiati ed assolutamente equo-ecologici. Maeko, invece, che acquista il fiocco di pelo di yak direttamente dai luoghi d’origine per poi filarlo in Italia.

La nuova tendenza del cosiddetto “abbigliamento critico” (o semplicemente consapevole) ci porta oggi a scegliere di non rinunciare al lusso ed all’estetica ma nel pieno rispetto dei temi della sostenibilità ambientale e dell’eticità nei modelli produttivi e commerciali.  

Per la raccolta della lana dello yak non si reca nessun danno agli animali e molti villaggi del Tibet e della Mongolia hanno iniziato a vivere dignitosamente proprio grazie ai prodotti creati con la lana di yak; nonostante il limitato quantitativo disponibile di fiocco. Sono infatti nati laboratori di sartoria, scuole, centri di formazione, il tutto, come detto, grazie ad un prodotto totalmente ecosostenibile. Questo perché oltre alle numerose motivazioni già citate, a differenza delle capre del cashmere lo sfruttamento degli yak non causa desertificazione.

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